Strategia nucleare russa (sovietica)

Un resoconto semplice ed interessante sulla strategia nucleare sovietica si trova in: http://www.npolicy.org/books/Getting_MAD/Ch5_Battilega.pdf

Essenzialmente nei primi anni della corsa agli armamenti, le scelte sovietiche furono indirizzate a reagire alla politica nucleare americana, o meglio ad inseguire la forte superiorita’ americana.

Negli anni ‘60 i progressi della tecnologia missilistica sovietica consentirono

di costituire una Forza Strategica Missilistica separata dagli altri settori delle forze armate. In questo periodo l’idea di un preemptive nuclear attack[1] sembra farsi strada nel pensiero strategico sovietico anche sotto l’influenza del ricordo del fallimento della seconda Guerra Mondiale quando i Sovietici sottovalutarono i segnali che indicavano l’intenzione della Germania nazista di attaccare la Russia nel 1941.

Tuttavia occorre ricordare che Kruschev opero’ con assoluta prudenza nel corso della crisi dei missili di Cuba.

La relativa superiorita’ missilistica sovietica, rispetto agli antagonisti americani, ha creato nei primi anni ’60 la sensazione-illusione che i Sovietici potessero impedire agli americani di utilizzare le loro armi nucleari con la preemption e poi, utilizzando la loro superiorita’ convenzionale, i Sovietici avrebbero potuto sconfiggere definitivamente il nemico sul campo di battaglia.

Questa attitudine sovietica dei primi anni ’60 ha poi indotto per lungo tempo la NATO a ritenere che i Sovietici fossero convinti di poter vincere una Guerra nucleare.   In realta’ a partire dalla meta’ degli anni’ ’60 (e anche a seguito delle riflessioni sulla crisi di Cuba) l’illusione di una vittoria nucleare svani’ e molto piu’ realisticamente si fece strada una visione piu’ simile alla dissuasione (deterrence) di fatto reciproca. Come gli americani vedevano lo spettro di un attacco preventivo sovietico, cosi’ i sovietici videro i rischi associati ad un attacco preventivo americano. In una simulazione del 1972 un attacco preventivo americano contro l’URSS causo’ in linea teorica conseguenze devastanti[2]. La PD59, cha abbiamo sopra ricordato, venne interpretata dai Sovietici come la giustificazione di un possibile disarming first strike.

Di fronte alla possibilita’ di un disarming first strike americano, i militari sovietici erano preparati a tre possibilita’ (preemptive attack, launch on warning, rappresaglia dopo l’attacco). Per launch on warning intendiamo il lancio di missili quando si abbia la certezza che un attacco nemico sia iniziato. Di queste tre possibilita’ solo la terza (launch after attack, cioe’ rappresaglia dopo un attacco) era compatibile con una scelta di no first use. Tuttavia sembra che i militari sovietici fossero scettici sulla possibilita’ che i loro sistemi di commando e controllo potessero funzionare anche dopo un attacco nucleare americano e quindi preferivano tendenzialmente le prime due opzioni. Anche qui vediamo una contraddizione tra declaratory policy e piani operativi.

A differenza degli Americani, i Sovietici non pensarono mai seriamente alla possibilita’ di condurre una Guerra nucleare limitata in Europa, ma comunque si prepararono a vincere una Guerra convenzionale in Europa. Allo stesso tempo concepirono le loro armi nucleari tattiche o sub-strategiche come deterrente contro l’uso possibile di armi nucleari tattiche americane in Europa.

La visione Sovietica della dissuazione richiedeva che le armi nucleari sovietiche fossero piu’ numerose e potenti di quelle americane.  Per questo i Sovietici per molto tempo mantennero un arsenale nucleare piu’ numeroso di quello Americano.

Dopo la fine della Guerra fredda e il rovesciamento dei rapporti di forza tra le forse convenzionali della NATO (estesa) e quelle Russe, le armi nucleari tattiche acquisirono un ruolo ancora piu’ importunate nel dissuadere ogni possibile attacco

Convenzionale della NATO.  Questo implico’ anche formalmente un abbandono della politica di no first use.

Per i Russi uno dei fattori recenti piu’ irritanti e’ lo sviluppo di sistemi antimissilistici e la possibilita’ che questi sistemi antimissilistici siano installati a difesa della NATO. Sia le capacita’ obiettive dei sistemi antimissilistici odierni, che le dichiarazioni pubbliche della NATO, escludono la possibilita’ che questi sistemi antimissilistici siano utilizzabili con successo contro i missili russi[3], tuttavia i Russi considerano l’installazione di sistemi antimissilistici come una provocazione e questo contribuisce indubbiamente a bloccare i possibili sviluppi futuri delle trattative per il controllo degli armamenti.


[1] In inglese si usano i termini preemptive first strike e preventive first strike. L’uso del termine preemptive si riferisce generalmente ad un attacco preventivo quando si abbia una ragionevole certezza che l’avversario stia preparando un attacco, mentre il termine preventive non fa, in linea di massima, riferimento alle informazione sulle intenzioni dell’avversario.

[2] The calculated effects of the U.S. first strike, using ground bursts, showed 100 percent of the ground forces destroyed, 100 percent of nonstrategic aviation destroyed, 80 percent of strategic aviation destroyed, 100 percent of naval forces destroyed, and radiation contamination of 400-3,000 roentgens over European Russia.

[3] La Nato giustifica spesso lo sviluppo di sistemi antimissilistici con la necessita’ di difendersi contro attacchi missilistici molto limitati. La Corea del Nord e l’Iran sono stati spesso menzionati a questo contesto. Dichiarazioni di principio che un eventuale sistema antimissilistico non avrebbe effetto contro le forze nucleari russe vengono fatte, ma non riducono le preoccupazioni e le irritazioni dei Russi.





































































Un resoconto semplice ed interessante sulla strategia nucleare
sovietica si trova in: http://www.npolicy.org/books/Getting_MAD/Ch5_Battilega.pdf

 

Essenzialmente nei primi anni della corsa agli armamenti, le scelte
sovietiche furono indirizzate a reagire alla politica nucleare americana, o
meglio ad inseguire la forte superiorita’ americana.

 

Negli anni ‘60 i progressi della tecnologia missilistica sovietica
consentirono

di costituire una Forza Strategica Missilistica separata dagli altri
settori delle forze armate. In questo periodo l’idea di un preemptive nuclear attack[1]
sembra farsi strada nel pensiero strategico sovietico anche sotto l’influenza
del ricordo del fallimento della seconda Guerra Mondiale quando i Sovietici
sottovalutarono i segnali che indicavano l’intenzione della Germania nazista di
attaccare la Russia nel 1941.

Tuttavia occorre ricordare che Kruschev opero’ con assoluta prudenza
nel corso della crisi dei missili di Cuba.

 

La relativa superiorita’ missilistica sovietica, rispetto agli
antagonisti americani, ha creato nei primi anni ’60 la sensazione-illusione che
i Sovietici potessero impedire agli americani di utilizzare le loro armi
nucleari con la preemption e poi, utilizzando
la loro superiorita’ convenzionale, i Sovietici avrebbero potuto sconfiggere definitivamente
il nemico sul campo di battaglia.

 

Questa attitudine sovietica dei primi anni ’60 ha poi indotto per
lungo tempo la NATO a ritenere che i Sovietici fossero convinti di poter
vincere una Guerra nucleare.   In realta’ a partire dalla meta’ degli anni’
’60 (e anche a seguito delle riflessioni sulla crisi di Cuba) l’illusione di
una vittoria nucleare svani’ e molto piu’ realisticamente si fece strada una
visione piu’ simile alla dissuasione (deterrence) di fatto reciproca. Come gli
americani vedevano lo spettro di un attacco preventivo sovietico, cosi’ i
sovietici videro i rischi associati ad un attacco preventivo americano. In una
simulazione del 1972 un attacco preventivo americano contro l’URSS causo’ in
linea teorica conseguenze devastanti[2].
La PD59, cha abbiamo sopra ricordato, venne interpretata dai Sovietici come la
giustificazione di un possibile disarming
first strike
.

Di fronte alla possibilita’ di un disarming first strike americano,
i militari sovietici erano preparati a tre possibilita’ (preemptive attack, launch on warning, rappresaglia dopo l’attacco).
Per launch on warning intendiamo il
lancio di missili quando si abbia la certezza che un attacco nemico sia
iniziato. Di queste tre possibilita’ solo la terza (launch after attack, cioe’ rappresaglia dopo un attacco) era
compatibile con una scelta di no first
use.
Tuttavia sembra che i militari sovietici fossero scettici sulla
possibilita’ che i loro sistemi di commando e controllo potessero funzionare anche
dopo un attacco nucleare americano e quindi preferivano tendenzialmente le prime
due opzioni. Anche qui vediamo una contraddizione tra declaratory policy e piani operativi.

 

A differenza degli Americani, i Sovietici non pensarono mai
seriamente alla possibilita’ di condurre una Guerra nucleare limitata in
Europa, ma comunque si prepararono a vincere una Guerra convenzionale in
Europa. Allo stesso tempo concepirono le loro armi nucleari tattiche o sub-strategiche
come deterrente contro l’uso possibile di armi nucleari tattiche americane in
Europa.

 

La visione Sovietica della dissuazione richiedeva che le armi
nucleari sovietiche fossero piu’ numerose e potenti di quelle americane.  Per questo i Sovietici per molto tempo
mantennero un arsenale nucleare piu’ numeroso di quello Americano.

 

Dopo la fine della Guerra fredda e il rovesciamento dei rapporti di
forza tra le forse convenzionali della NATO (estesa) e quelle Russe, le armi
nucleari tattiche acquisirono un ruolo ancora piu’ importunate nel dissuadere
ogni possibile attacco

Convenzionale della NATO. 
Questo implico’ anche formalmente un abbandono della politica di no first use.

 

Per i Russi uno dei fattori recenti piu’ irritanti e’ lo sviluppo di
sistemi antimissilistici e la possibilita’ che questi sistemi antimissilistici
siano installati a difesa della NATO. Sia le capacita’ obiettive dei sistemi
antimissilistici odierni, che le dichiarazioni pubbliche della NATO, escludono
la possibilita’ che questi sistemi antimissilistici siano utilizzabili con
successo contro i missili russi[3],
tuttavia i Russi considerano l’installazione di sistemi antimissilistici come
una provocazione e questo contribuisce indubbiamente a bloccare i possibili
sviluppi futuri delle trattative per il controllo degli armamenti.










[1] In inglese si
usano i termini preemptive first strike
e preventive first strike. L’uso del
termine preemptive si riferisce
generalmente ad un attacco preventivo quando si abbia una ragionevole certezza
che l’avversario stia preparando un attacco, mentre il termine preventive non fa, in linea di massima,
riferimento alle informazione sulle intenzioni dell’avversario
.







[2] The calculated effects of the U.S. first strike, using ground
bursts, showed 100 percent of the ground forces destroyed, 100 percent of
nonstrategic aviation destroyed, 80 percent of strategic aviation destroyed,
100 percent of naval forces destroyed, and radiation contamination of 400-3,000
roentgens over European Russia.



 







[3] La Nato giustifica spesso lo sviluppo di sistemi antimissilistici
con la necessita’ di difendersi contro attacchi missilistici molto limitati. La
Corea del Nord e l’Iran sono stati spesso menzionati a questo contesto.
Dichiarazioni di principio che un eventuale sistema antimissilistico non
avrebbe effetto contro le forze nucleari russe vengono fatte, ma non riducono
le preoccupazioni e le irritazioni dei Russi.