Strategia nucleare americana

Seguendo Desmond Ball (si veda ad esempio Desmond Ball: Targeting for strategic deterrence, Adelphi paper vol.23 n. 185 -1983-) le diverse component della strategia nucleare americana sono:

Declaratory policy:  il complesso delle dichiarazioni pubbliche fatte dalle autorita’ politiche e militari americane a proposito del possibile utilizzo delle armi nucleari (tempi – modi – circostanze).

Acquisizione di armamenti: ad esempio scelta dei sistemi per il lancio di armi nucleari (missili basati a terra, su sottomarini, su aerei, navi di superficie, ecc) e numeri relativi, acquisizione di tecnologie antimissilistiche, ecc.

– Trattative per il controllo degli armamenti

Operativita’ delle forze nucleari (ad esempio, quanti missili sono in “quick reaction alert”[1], quanti sottomarini con missili nucleari sono tenuti costantemente in navigazione, ecc)

ed infine:

I piani di targeting cioe’ la lista degli obiettivi che dovrebbero essere colpiti in un attaccco nucleare. Questi comprendono citta’ nemiche, basi militari nemiche, centri di commando e controllo nemici [2] -compresi i luoghi dove sono collocati i leader nemici-, centri industriali nemici.

Il punto fondamentale da chiarire e’ che tutti questi aspetti della strategia nucleare non sono necessariamente coerenti. Ad esempio la declaratory policy e le scelte per il controllo degli armamenti sono molto condizionate dal messaggio politico che si vuole trasmettere, l’acquisizione di armamenti e’ anche condizionata dalle societa’ che producono determinati sistemi d’arma, dalle esigenze e dai risultati dei laboratori nucleari (che studiano cioe’ le caratteristiche delle armi nucleari) , l’operativita’ delle forze nucleari sono condizionate dalle necessita’ organizzative delle forze armate e infine i piani di targeting possono essere sovrabbondanti rispetto alle capacita’ effettive, anche se ci si puo’ aspettare che nei piani di targeting sia inclusa una certa gradualita’ nell’uso delle armi nucleari.

Dal 1961 al 2003 i piani di targeting americani vennero raccolti nel SIOP (Single Integrated Operational Plan). L’aggiornamento della strategia nucleare americana venne anche accompagnato da una PD (Presidential Directive), emanata dal Presidente in carica, che sottolineava la necessita’ di avere la capacita’ di far fronte alle diverse circostanze in cui un conflitto sarebbe stato iniziato. Molto spesso la PD esprimeva il desiderio di tenere sotto controllo un conflitto nucleare, senza che questo desiderio fosse necessariamente sostenuto da aspettative realistiche.

Una famosa PD fu quella emessa dal Presidente Carter nel 1980 (PD59), che, secondo il segretario della Difesa di allora H. Brown era cosi’ descritta:

It is our policy-and we have increasingly the means and the detailed plans to carry out this policy-to ensure that the Soviet leadership knows that if they chose some intermediate level of aggression, we could, by selective, large (but still less than maximum) nuclear attacks, exact an unacceptably high price in the things the Soviet leaders appear to value most–political and military control, military force both nuclear and conventional, and the industrial capability to sustain a war. In our planning we have not ignored the problem of ending the war, nor would we ignore it in the event of a war. And, of course, we have, and we will keep, a survivable and enduring capability to attack the full range of targets, including the Soviet economic base, if that is the appropriate response to a Soviet strike.

Il testo della PD59 e’ stato recentemente declassificato. Si veda ad esempio:

https://nsarchive2.gwu.edu/nukevault/ebb390/docs/7-25-80%20PD%2059.pdf

Notate in particolare che a proposito della PD59 si dice “anche se rimane la nostra politica quella di non fare affidamento sul lancio preventivo (preemptive) di missili quando si abbia notizia che un attacco avversario e’ iniziato, tuttavia una pre-pianificazione appropriata, specialmente per i nostri ICBM che sono vulnerabili ad un attacco preventivo del nemico, verra’ attuata in modo da lasciare al presidente tale possibilita’ [di condurre un attacco preventivo].    

 Insomma si dice una cosa e poi immediatamente dopo si dice il contrario.

Anche osservate il terzo pagarafo (pag 2) della PD59 in cui si dice:

le nostre forze nucleari strategiche devono essere in grado di dissuadere non solo un attacco nucleare contro il nostro paese, ma anche contro le nostre forze dislocate all’estero e contro i paesi nostri amici ed alleati, e di contribuire a dissuadere attacchi non nucleari” il che dimostra l’ampiezza degli compiti che venivano assegnati alle forze nucleari americane.

Notate la differenza con il concetto strategico espresso ad McNamara che riteneva sufficienti circa 400 MT-equivalenti per una strategia focalizzata sulla distruzione reciproca assicurata (MAD).

Il SIOP venne poi modificato dopo la fine della Guerra Fredda e successivamente trasformato in OPLAN (Operational Plan). Facendo riferimento all’articolo di Kristensen del 2013  (https://fas.org/blogs/security/2013/04/oplan8010-12/)

osserviamo i 18 cambiamenti dei piani operativi americani dopo la fine della Guerra fredda fino all’era di Obama:

a cui ha fatto seguito (probabilmente) un ultimo OPLAN nel 2014-2015.

I dettagli degli OPLAN sono ovviamente classificati. Sempre secondo Kristensen gli elementi che hanno contribuito al cambiamento dell’OPLAN nel 2012 sono indicate qui sotto:

Notate in particolare il ruolo del processo di de-mirvizzazione.

Per comprendere meglio la strategia nucleare americana dei tempi di Obama, un elemento importante e’ la US Nuclear Posture Review  (NPR) del 2010 (menzionata nel riquadro precedente) i cui elementi principali sono descritti nell’Executive Summary dove leggiamo:

Accordingly, among the key conclusions of the NPR:

The United States will continue to strengthen conventional capabilities and reduce the role of nuclear weapons in deterring non-nuclear attacks, with the objective of making deterrence of nuclear attack on the United States or our allies and partners the sole purpose of U.S. nuclear weapons.

The United States would only consider the use of nuclear weapons in extreme

circumstances to defend the vital interests of the United States or its allies and partners.

The United States will not use or threaten to use nuclear weapons against non-nuclear weapons states that are party to the NPT and in compliance with their nuclear nonproliferation obligations.

Notate che, nell’ultimo paragrafo gli Stati Uniti si impegnano a non usare armi nucleari contro paesi non-nucleari, membri del TNP, che rispettino gli obblighi del NPT. In questo modo gli Stati Uniti si asterranno dall’utilizzare armi nucleari per rispondere ad un attacco di qualsiasi natura da parte di paesi non nucleari, riservandosi pero’ il diritto di giudicare chi rispetta gli obblighi del TNP e chi no.

Il riferimento all’Iran, in questo contesto, e’ ovvio. Aggiungiamo che, in ogni caso, nella NPR del 2010, si dice esplicitamente che non verranno utilizzate armi nucleari contro eventuali attacchi chimici o biologici.  E questa e’ certamente una affermazione significativa ed e’ un progresso rispetto al passato.

Con l’arrivo dell’amministrazione Trump e’ ritornata una nuova enfasi sul ruolo delle armi nucleari, e molte delle posizione delle NPR del 2010 sono state modificate decisamente in peggio. Si veda ad esempio:

https://www.armscontrol.org/act/2018-03/features/trump-administrations-wrong-track-nuclear-policies.

Le armi nucleari americane dovrebbero essere usate non solo in risposta ad un attacco nucleare ma anche per difendersi contro attacchi/minacce in genere contro la popolazione civile degli USA o dei paesi alleati, o contro centri di commando e controllo. Inoltre le armi nucleari potrebbero essere utilizzate per dissuadere anche attacchi convenzionali, chimici o biologici (contrariamente a quanto affermato nella NPR 2010). In generale l’amministrazione Trump si e’ mostrata interessata alla costruzione di nuove armi nucleari per l’intera triade. In particolare la costruzione di nuove armi nucleari di Potenza esplosiva minore potrebbe correre il rischio di abbassare ulteriormente la soglia nucleare.  

L’amministrazione Biden ha in linea di principio affermato che “the sole purpose of our nuclear arsenal should be to deter—and, if necessary, retaliate against—a nuclear attack”. In questo modo Biden ha in linea di principio affermato la volonta’ di ridurre il ruolo delle armi nucleari. Ma i concreti passi in questa direzione non sono chiari. Si veda https://www.armscontrol.org/act/2022-01/features/biden-nuclear-posture-review-obstacles-reducing-reliance-nuclear-weapons.


[1] Con quick reaction alert si fa riferimento a quei sistemi d’arma che possono essere utilizzati per lanciare armi nucleari con un preavviso minimo. Ad esempio, per evitare che i missili ICBM (basati a terra) possano essere distrutti in un disarming firs strike, alcuni di questi missili sono messi sotto allerta permanente, cioe’ possono essere lanciati entro i circa 20 minuti compresi tra l’avvistamento di un lancio missilistico nemico e l’arrivo dei missili nemici stessi a destinazione (launch on warning).  Siccome e’ il Presidente USA che deve decidere sul lancio di armi nucleari e deve farlo in poco tempo, il presidente stesso viaggia sempre con una valigetta contenente i codici necessari ad aurorizzare il lancio.   Questa valigetta e’ chiamata “the football” perche’, ricorda la palla del football americano che deve essere trattenuta il piu’ possibile dalle mani del giocatore.  Analoghi provvedimenti vengono presi in altri paesi dotati di armi nucleari.

[2] La sigla C3I viene spesso usata in questo contesto: command, control, communication and intelligence