La riduzione degli armamenti: le politiche dal 1991

Nel settembre/ ottobre 1991 il presidenti George H. Bush e Mikhail Gorbachov annunciarono una serie di iniziative che condussero gli Stati Uniti e separatamente l’URSS e (poi la Russia) a ritirare complessivamente circa 17000 testate nucleari collocate su missili (o comunque sistemi di lancio) a corto raggio d’azione. E’ in qualche modo ironico che la piu’ ampia iniziativa per la riduzione delle testate nucleari sia dovuta non ad accordi di controllo degli armamenti ma ad iniziative unilaterali che non sono soggette a verifica alcuna. Per quanto riguarda l’Europa le armi americane collocate in Europa sono passate dalle 5845 nel 1983 alle circa 100 attuali.

Le motivazioni per questa drammatica riduzione di testate nucleari e’ dovuta a diversi fattori:

  1. innanzitutto la preoccupazione che molte di queste testate potessero risultare disperse nel caos seguito alla frantumazione dell’Unione Sovietica
  2.  la necessita’ che la Russia, come “erede nucleare” dell’URSS recuperasse tutte le testate distribuite tra le varie Repubbliche ex-sovietiche e non lasciasse testate in mano agli stati formatisi dopo la frantumazione dell’URSS
  3.  la convinzione, negli Stati Uniti, che la presenza di ami nucleari tattiche non servisse piu’ a compensare una eventuale inferiorita’ convenzionale che non sarebbe esistita dopo la frantumazione dell’URSS
  4.  la necessita’ di “fare in fretta” perche’ la imminente frantumazione dell’URSS non avrebbe lasciato il tempo alle lungaggini tipiche delle trattative sul disarmo nucleare.

Gli Americani in particolare eliminarono tutte le armi nucleari su navi di superficie. Inoltre le armi nucleari tattiche residue (sia americane che russe) furono raccolte in un numero molto piu’ limitato di depositi.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUI PROCESSI DI CONTROLLO E RIDUZIONE DEGLI ARMAMENTI

Ci sono stati alcuni fattori importanti che hanno contribuito allo sviluppo del controllo degli armamenti:

  1. La crisi di Cuba e la conseguente paura che l’equilibrio “del terrore” potesse degenerare in uno scambio reale di armi nucleari tra USA e URSS. La preoccupazione che una crisi simile alla crisi di Cuba potesse avvenire anche tra altri paesi dotati di armi nucleari. Quindi e’ risultato evidente che bisognava diminuire le armi nucleari in genere, stabilire contatti continui tra le potenze nucleari, limitare drasticamente il numero di paesi che fossero autorizzati a possedere armi nucleari (e quindi il  TNP.).
  2. Le preoccupazioni sulle drammatiche conseguenze ecologiche dei test nucleari, non condotti nel sottosuolo, che hanno portato al Partial Test Ban

Treaty del 1963.

  •  L’ondata di reazione della pubblica opinione internazionale negli anni ’80 di fronte ai rischi di conflitto nucleare che sono stati associati alla proliferazione dei missili a raggio intermedio in Europa. Il che ha portato al trattato INF
  • La preoccupazione che il controllo sulle testate nucleari potesse venir meno per il collasso dell’URSS, che ha portato alle iniziative presidenziali del 1991

Inoltre come si nota in particolare nel caso dei trattati SALT 1 e ABM, le iniziative per il controllo degli armamenti sono state prese anche quando i rapporti politici e militari tra le due superpotenze erano tutt’altro che positivi. Ricordiamo che nel 1972 c’era la guerra del Vietnam.

Oggi manca la percezione o, meglio la consapevolezza, nella pubblica opinione, che la Guerra nucleare sarebbe una catastrofe assoluta, che il controllo sulle armi nucleari puo’ sfuggire di mano, che il rischio nucleare e’ ben presente anche se il numero globale delle armi nucleari e’ molto piu’ limitato che negli anni ’80. Inoltre in un mondo in cui le scelte politiche, anche importanti, possono essere fatte con un tweet, cioe’ in tempi brevissimi, queste scelte possono facilmente, nel medio-lungo periodo, avere conseguenze molto negative.  Infine nel mondo occidentale manca complessivamente la sensazione che le conseguenze dell’uso di armi nucleari, limitato a paesi del terzo mondo, avrebbero conseguenze pesanti anche nel mondo occidentale e non solo nei paesi coinvolti. Infine, se prendiamo come riferimento il caso India-Pakistan, dobbiamo riflettere sul fatto che gli antagonismi e i conflitti che hanno alla base dei contrasti di tipo religioso, sono forse piu’ stabili e potenzialmente violenti dei contrasti basati su questioni ideologiche come l’antagonismo tra comunismo e anti-comunismo.

https://www.state.gov/russian-noncompliance-with-and-invalid-suspension-of-the-new-start-treaty