Dissuasione

DISSUASIONE (“deterrence”) Ovvero un attacco nucleare nemico viene dissuaso dalla presenza di armi nucleari che possono essere usate sia come rappresaglia dopo l’attacco nucleare avversario, sia anticipando l’attacco nucleare avversario quando si abbia la “certezza” che questo attacco stia per avvenire.

DISSUASIONE ESTESA (“extended deterrence”). La dissuasione puo’ essere estesa in due modi : a) dissuasione nucleare che cerca di impedire un attacco convenzionale avversario  (nel caso in cui l’avversario avesse una chiara superiorita’ convenzionale), b) dissuasione nucleare di un paese che protegge altri paesi  che non possiedono (necessariamente) armi nucleari contro attacchi sia nucleari che convenzionali.

Per quanto riguarda la dissuasione estesa nel primo senso, e’ interessante ricordare  (vedi http://www.nytimes.com/1983/09/16/opinion/in-the-nation-nato-s-useless-nukes.html) che nel 1955 venne simulato l’uso di 355 testate atomiche “tattiche” per l’80 per cento in Germania occidentale, per difendersi da un attacco convenzionale. Il risultato teorico dell’esercitazione fu un numero di morti compresi tra  1.5 e 1.7 milioni oltre a 3.5 milioni di feriti in 2 giorni. Negli anni ’80 venne anche simulato l’uso di circa 1500 proiettili di artiglieria atomica con 5-6 milioni di morti civili e 400 000 morti militari. Questo ha posto per molti anni il problema se fosse mai possibile “controllare” (cioe’ mantenere limitato) un conflitto nucleare. Si veda ad esempio l’opuscolo di Desmond Ball (“Can Nuclear war be controlled” International Institute for Strategic Studies, 1981). Ovviamente la risposta a questa domanda e’ sempre stata negativa.

Per quanto riguarda la dissuasione estesa nel secondo senso, questa si basa su accordi di difesa reciproca tra paesi nucleari e paesi alleati soprattutto non nucleari. Una particolare forma di questo tipo di accordi e’ il cosiddetto “nuclear sharing” praticato dagli Stati Uniti in Europa. Con la formula del nuclear sharing gli Stati Uniti installano sul territorio di paesi alleati armi nucleari. Queste armi nucleari restano in possesso e sotto il controllo degli Stati Uniti ma il loro utilizzo, in caso di conflitto, puo’ essere assegnato sia a sistemi di lancio di proprieta’ degli Stati Uniti  (armi cosiddette a “chiave singola”) che a sistemi di lancio di proprieta’ del paese ospitante (armi cosiddette a “doppia chiave”). In questo ultimo caso le due chiavi sono l’arma e il sistema di lancio che appartengono a due paesi differenti che devono dunque coordinarsi.

Per dare un’idea sia dei vari tipi di armi tattiche in circolazione negli anni ’70-’80 che del loro numero, si vedano le seguenti tabelle del 1983 che riguardano le armi nucleari americane collocate in Europa e (in particolare) in Italia con il meccanismo del nuclear sharing.

Cogliamo l’occasione per segnalare che attualmente gli Americani collocano in 5 Paesi della NATO (Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia) complessivamente

100 testate nucleari del tipo B-61/3 e B-61/4 con questa distribuzione:

Belgio: 15

Germania: 15

Italia: Ghedi(BS) 15, Aviano (PN) 20

Olanda: 15

Turchia: 20

Per una descrizione delle armi B-61 si veda ad esempio.

https://en.wikipedia.org/wiki/B61_nuclear_bomb

https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/0096340214531546

Le armi nucleari a “doppia chiave” sono collocate in Germania (Buechel), Italia (Ghedi), Belgio (Kleine Brogel),  e Olanda (Volkel).

Le bombe B-61/3 e B61/4 sono bombe a gravita’ con un paracadute

https://nuclearweaponarchive.org/Usa/Weapons/B61.html

Dopo il 2022 verranno probabilmente introdotte le nuove armi B-61/12 che non sono bombe a pura gravita’ ma hanno incorporato un piccolo motore che permette una maggior precisione e una capacita’ cosiddetta  “earth penetrating”.

In ogni caso la dissuasione estesa (nel primo senso del termine) rappresenta un elemento importante nelle strategie nucleari dei paesi che possiedono armi nucleari.  Vediamo i termini generali di questo problema.

1. Possono le armi nucleari compensare una eventuale inferiorita’ convenzionale?

(in inglese countervail conventional inferiority).  E possono in questo caso costituire un deterrente contro un attacco convenzionale del nemico?

2. E’ possibile, controllare l’escalation nucleare, mantendo quella che si chiama in gergo “escalation dominance”.  

Una risposta positiva a queste domande suggerisce, in teoria,:

a) la necessitaà, per un paese che possiede armi nucleari, di dotarsi di tutto un arsenale articolato di armi nucleari (tattiche e non). L’arsenale sara’ tanto piu’ articolato quando piu’ l’avversario possiedera’ una chiara superiorita’ convenzionale

b) la disponibilitaà ad usare le armi nucleari per primo e anche, possibilmente, nelle prime fasi di un conflitto, proprio per dissuadere ogni attacco (convenzionale) avversario

c) una strategia militare che comporti una vasta lista di obiettivi da colpire con le armi nucleari (in modo da avere molte opzioni a disposizione per controllare l’escalation).

Inoltre anche un paese con una chiara superiorita’ convenzionale nei confronti del nemico, sara’ indotto a compensare le armi nucleari (tattiche e strategiche) dell’avversario dotandosi di armi nucleari corrispondenti (per gestire una eventuale “escalation dominance”).

Oltre a questo, un paese che possiede armi nucleari vorra’ comunque avere a disposizione un numero sufficiente di armi nucleari (non tattiche, ma strategiche) per poter annientare l’avversario se la escalation dominance fallisse. E queste armi dovranno essere protette contro un eventuale “disarming first strike” (in particolare dovranno essere abbastanza numerose, in modo che la sopravvivenza di un numero adeguato sia garantita, indipendente dagli effetti di un eventuale attacco nemico)..

Quindi in queste domande e in queste risposte e’ contenuta in nuce la chiave per spiegare molto della corsa Sovietico-Americana agli armamenti nucleari nel periodo della guerra fredda.

Anche nel caso di contrasti tra paesi dotati di modesti arsenali nucleari (ad es. India e Pakistan) il problema del possibile uso di armi nucleari per impedire una sconfitta convenzionale e’ un problema rilevante. 

Incidentalmente, mentre durante la Guerra fredda la superiorita’ convenzionale dell’URSS (e del Patto di Varsavia) era evidente, dopo la dissoluzione dell’URSS e l’estensione della NATO, i rapporti di forza convenzionali si sono rovesciati.

Una delle politiche che contrasta questo tipo di argomenti e’ una politica di non uso per primi delle armi nucleari (nuclear no-first-use) per cui le armi nucleari possono essere usate solo in risposta ad un attacco nucleare avversario, cioe’ alle armi nucleari viene assegnato principalmente il compito di dissuasione di un attacco nucleare nemico.  

 In questo caso non è una strategia counterforce quella dominante ma una strategia che viene individuata con la sigla MAD (Mutually Assured Destruction), cioe’ una strategia di rappresaglia massiccia e devastante nel caso di un attacco nucleare avversario. Nel 1963 Robert McNamara, segretario della difesa americana, aveva individuato in 400 Megatoni equivalenti l’ammontare della potenza distruttiva che avrebbe consentito di distruggere oltre il 50% della capacita’ industrial dell’URSS e oltre il 30% della popolazione e quindi di garantire pienamente la strategia MAD.

Ma la strategia MAD non è mai stata l’unico criterio in base al quale gli arsenali nucleari sono stati costruiti. Sull’andamento della corsa agli armamenti nucleari

E sui numeri attuali (2022) delle testate nucleari esistenti oggi si veda

https://fas.org/issues/nuclear-weapons/status-world-nuclear-forces

(da cui abbiamo estratto il documento gia’  distribuito)