Fu evidente da subito che oltre al plutonio 239, individuato come combustibile fissile della bomba, nel congegno esplosivo sarebbe stato presente anche plutonio 240, che come tanti nuclei pari subisce fissione spontanea e non indotta da neutroni. Questo fenomeno poteva interferire con i due frammenti sottocritici e innescare un’esplosione prima che i il frammento più piccolo venisse sparato in quello più massiccio. Fu il fisico italiano Emilio Segrè a studiare il fenomeno della fissione spontanea del plutonio 240 e dagli esperimenti che fece dedusse che l’attività del plutonio 240 non avrebbe interferito con l’esplosione della bomba. Nel gennaio 1940 il progetto di una bomba al plutonio a proiettile fu quindi avviato e, a causa della sua forma allungata, all’ordigno venne dato il nome di “Thin Man”. In aprile, però, Segrè comunicò a tutti che la scoperta relativa al plutonio non era corretta. Da un’analisi del plutonio proveniente da ciclotrone, era emerso che la fissione spontanea era cinque volte superiore a quella misurata nel gennaio precedente. Il progetto fu quindi arrestato, anche se l’idea di costruire una bomba a proiettile poteva comunque essere utilizzata per la bomba all’uranio, dove sia il proiettile che il bersaglio sarebbero stati costituiti da uranio 235. Nel 2004 venne reso noto che a differenza di quanto diffuso precedentemente, il proiettile di uranio 235 era più massiccio del bersaglio di uranio. Nella bomba infatti una sfera a gusci concentrici di uranio avrebbe colpito un analogo bersaglio generando la massa sovracritica, ma la prima sfera costituiva il 60% del combustile presente nell’ordigno, mentre i neutroni necessari a produrre le prime fissioni sarebbero stati iniettati da un proiettile di polonio-berillio. A questa bomba fu dato il nome di “Little Boy”, date le dimensioni più ridotte rispetto a “Thin Man”. Fu disegnata e infine realizzata.