Nonostante i lavori del 1939 di Bohr e Wheeler avessero chiarito i principi su cui si basava il fenomeno della fissione, all’interno del progetto Manhattan i dubbi relativi alla fabbricazione della bomba erano principalmente due: il primo relativo al numero di neutroni prodotti in una fissione indotta da neutroni termici, il secondo riguardava il tempo che intercorreva tra una fissione e la successiva. Nel 1943, dopo nove mesi dalle prime attività di laboratorio a Los Alamos, i due problemi furono risolti. I neutroni prodotti nella fissione erano maggiori di due e il tempo tra due fissioni consecutive era sufficiente breve da innescare un’esplosione. Un ostacolo successivo fu rappresentato dal fatto che nella miscela di isotopi dell’uranio, solo l’uranio 235 è fissile. Nasceva quindi l’esigenza di separare queso isotopo attraverso un processo di arricchimento, senza il quale non sarebbe stata concepibile una bomba. Tuttavia, gli impianti di Oak Ridge per la diffusione gassosa, con cui si sarebbe ottenuto uranio arricchito, sembravano non soddisfare la produzione necessaria. Per questo nel gennaio 1944 la marina militare avviò un nuovo impianto a Philadelphia che per separare gli isotopi dell’uranio avrebbe sfruttato il fenomeno della diffusione termica. Nonostante questo, sembrava impossibile avere per l’estate del 1945 una bomba all’uranio. Fu quindi deciso di assemblare una bomba al plutonio, il cui isotopo 239 è fissile, nonostante di questo elemento si sapesse poco o nulla, essendo di fabbricazione artificiale, secondo la reazione:
238U + n -> 239U + beta -> 239Np + beta -> 239Pu
Dato che l’unico limite per la costruzione di una bomba all’uranio era ormai solo di tipo tecnico, i laboratori di Los Alamos si concentrarono a studiare la nuova bomba al plutonio.